UN ALTRO PAìS

PORCA MISERIA

spettacolo teatrale
sabato 20 settembre ore 20.00
Quello che presentiamo è uno degli ultimi appuntamenti di Un altro Paìs 2025 – Voci fuori campo, la rassegna che in questi mesi ci ha accompagnato con storie e sguardi capaci di parlare da prospettive inattese
PORCA MISERIA, scritto da Valentina Diana e diretto e interpretato da Gianni Bissaca, è un atto teatrale che mette in scena la paura della povertà. Non la condizione materiale, ma l’angoscia di cadervi, di diventare trasparenti agli occhi del mondo, di non farcela.
Il protagonista, “Lui”, è un personaggio rabbioso e disilluso che dialoga con Ulisse, figura simbolica di giudizio e memoria. Sul palco emergono frammenti autobiografici, riflessioni sociali, amarezze e sarcasmi che danno voce a un sentimento diffuso nelle nostre società precarie.
Lo spettacolo intreccia ironia e dramma, restituendo l’ambivalenza di un presente in cui la povertà è al tempo stesso realtà tangibile e spettro collettivo.
Un’ora di teatro che non offre soluzioni, ma invita lo spettatore a guardare in faccia ciò che di solito si evita: la fragilità che ci accomuna.Prenotazioni: spazioattivita@associazionepais.net

SINOSSI

Gianni Bissaca
porca miseria

 

Io, Lui e Ulisse
Lui non sono io.
Altrimenti direi Io, e non Lui.
Lui è il personaggio che Io, che sono un attore, interpreto.
Il casting non è stato difficile: ho chiesto all’Autrice del testo che Lui avesse la mia età per poterlo
interpretare, e d’altra parte io sono il Produttore del progetto e il Regista dello spettacolo, dunque
decido io l’Attore.
Dunque Lui ha pressappoco la mia età.
Lui non mi somiglia per niente: Lui la pensa in modo molto diverso da me.
Ad esempio Lui è molto infastidito dai Poveri, a Lui piacerebbe che i Poveri fossero tutti come San
Francesco (d’altronde a chi non piacerebbe…) e non sopporta il loro odore.

Lui non mi somiglia, ma per crearlo l’Autrice si è basata sul racconto di alcuni fatti miei.
Dunque, un po’, Lui potrebbe ricordare me: si potrebbe dire che Lui ha vissuto alcune esperienze
che Io ho vissuto…d’altra parte i Personaggi del Teatro assomigliano tutti a qualcuno realmente
esistito, a qualcuno bisogna pur rifarsi.
Quelli che mi conoscono intravvedono questa somiglianza, uno mi ha detto che ho fatto outing…si
sbaglia, io non c’entro con Lui: io lo interpreto e basta. I suoi pensieri, le sue opinioni, i suoi sogni
sono molto lontani dai miei pensieri, dalle mie opinioni, dai miei sogni.
O forse in fondo mica tanto…ma tant’è, chi può dirlo veramente?
Poi c’è quell’altro, Ulisse.
Ulisse non si chiama Ulisse, è Lui che lo chiama Ulisse, perché abbia un nome.
Ulisse forse è una sua proiezione, o forse no…chi può dirlo? Decidetelo voi.
Io un giorno Ulisse l’ho visto, l’ho raccontato all’Autrice e lei l’ha scritto.
La voce a Ulisse la do Io…o Lui…chi può dirlo? Decidetelo voi.
Comunque Ulisse ha un cartello di cartone, nient’altro.
Ulisse è un cartello di cartone, si potrebbe anche dire. Decidetelo voi.
Lui sente costantemente lo sguardo di Ulisse su di sé, si sente giudicato, e gli risponde.
Lui parla a Ulisse, perché voi ascoltiate. Lui sa che c’è un pubblico, Lui un tempo faceva l’Attore.
Come me. Ed ora Lui ora è in pensione, come me, che sono contentissimo.
Lui invece è incazzato nero, perché Lui non è un tipo risolto, Lui è pieno di risentimento, di
amarezza, di rabbia.
Io e l’Autrice lo sappiamo: Lui è nostro prigioniero, sera dopo sera.
Lui e Ulisse sono una bella coppia, come Estragone e Vladimiro.
E ogni sera aspettano me: che però, ogni sera, arrivo da loro!
Alla fine c’è Clorinda.
Ma lei è vera, come sono vero io, come sono veri i poveri veri.
E quella è un’altra storia.

La libertà di scegliere crea la scala gerarchica della società dei consumi e delinea il quadro che
racchiude le aspirazioni dei suoi membri mossi dal desiderio di migliorare le proprie condizioni e
di fare una bella vita. Quanto più si ha libertà di scelta e la si può esercitare, tanto più si sale nella gerarchia sociale, accrescendo la propria autostima e riscuotendo il rispetto degli altri. Soldi e
ricchezza ovviamente contano, poiché diversamente questa libertà sarebbe limitata o inesistente.
Ma il loro ruolo…passa in secondo piano…poiché il primo obbiettivo è quello di ampliare la
libertà di scelta del consumatore. Il mondo viene giudicato in base alla sua capacità di provocare
sensazioni, ovvero di suscitare il desiderio, l’aspetto più piacevole della vita del consumatore, più
soddisfacente della soddisfazione stessa.
Zygmunt Bauman Le nuove povertà

MillePapaveriRossi – APS
Fondazione Educatorio della Provvidenza – ETS
gianni bissaca
porca miseria
testo valentina diana
scenofonia roberto tarasco
produzione e allestimento christian nasi
regia gianni bissaca
Ho chiesto a Valentina Diana di scrivere per me un testo sul tema della paura della povertà. Per due ragioni.
Intanto perché vorrei continuare a fare un teatro che parli del mondo che mi circonda, e sono
circondato quotidianamente da un mondo in cui i poveri sono ben visibili. A tutti gli angoli delle
strade, davanti all’ingresso dei supermercati, intorno ai dehors dei locali: ti chiedono una moneta,
cercano di venderti una rosa, ti offrono un piccolo servizio in cambio di qualche spicciolo. Sono
bianchi e neri, giovani e vecchi, in genere uomini, poche le donne. Tutti questi poveri, sempre più
numerosi e soprattutto alcuni sempre più simili a noi, non riusciamo più a non vederli, e ci fanno
paura: perché si insinua in noi un pensiero, che potremmo un giorno diventare come loro, potremmo perdere tutto quello che abbiamo, per una malattia, per la morte dei nostri famigliari, per uno
scherzo del destino…potremmo cominciare ad aver bisogno di aiuto, e potremmo non trovarlo.
La seconda ragione sta nel fatto che nel corso della mia vita io ho avuto paura della povertà. Della mia povertà, che significava non riuscire più a fare il mio lavoro, perdere il mio posto nel
piccolo pezzo di mondo in cui ho sempre fatto il mio mestiere, che è un mestiere che ti può far
diventare ricco ma ti può anche far diventare povero. Direte: il tuo mestiere è particolare, non fa
testo. È vero, ma è questo il mestiere che conosco, e dunque da questo mestiere vorrei partire per
raccontare quella paura.
Con Valentina abbiamo iniziato a lavorare: a parlarci, a raccogliere materiale mio e di altri.
Io leggo: Zygmunt Bauman, Niccolò Zancan, Chiara Saraceno…prendo appunti.
Valentina scrive il testo, io mi sto preparando ad affrontare questo tema.
Il nome l’ho detto, sarà PORCA MISERIA…a meno che durante la gestazione non ce ne venga in
mente un altro. O magari venga in mente a voi.
Superare la solitudine dei poveri
Roberto Cardaci, sociologo
Donne e uomini in povertà sono condannati troppo sovente all’isolamento e solitudine.
Solitudine che nel vivere, e soprattutto nell’essere poveri, si radica dapprima nella vergogna, nata
dal complesso di colpa per il disagio di cui, quasi sempre a torto, si sentono responsabili nei
confronti soprattutto dei famigliari: di conseguenza, si rinchiudono in sé stessi, si isolano, e
finiscono per non rivolgersi né ai Servizi Sociali né ai volontari che li possono aiutare.
Tutti i poveri, impossibilitati a superare le difficoltà, convivono con lo stillicidio quotidiano della
disperazione, che ne lede anche la salute mentale: ansie, angosce, insonnie, malattie alimentari li
accompagnano, degenerando sovente in patologie gravi, spesso insorgono problemi di etilismo,
sovente la durissima condizione li induce a tentare e ad agire il suicidio.
Ma la solitudine dei poveri ha un’altra faccia, quella riflessa, quella della paura di chi non è in
condizioni di povertà, ma, incontrandoli per strada o in altri luoghi, teme di trovarsi a viverla.
Quindi lo assale la paura, il terrore di relazionarsi coi poveri perché percepisce, consapevolmente o
inconsciamente, di essere “a rischio di povertà” per la pervasiva precarietà dell’economia: in
entrambi i casi, specchiandosi nel volto dei poveri, scorge il baratro della condizione in cui sono
sprofondati e si ritrae, esorcizzando(?) il timore di diventare come loro.
PORCA MISERIA è nato nell’ambito del Progetto “Officina inventare futuro” che ha realizzato
percorsi di formazione al lavoro – unica soluzione radicale per la povertà – e sogni nel cassetto per
chi a lavorare non poteva andare più, e nel realizzare il proprio sogno poteva uscire dalla solitudine, relazionandosi con altri in contesti culturali ludici, sportivi….. tutti i possibili percorsi che li
potevano condurre fuori dal limbo di una vita che non è vita.
Ma tutto ciò non basta: come Officina inventare futuro prevedeva, per migliorare a tutti i livelli la
condizione di vita dei poveri occorre creare una “cultura diffusa della povertà” per costruire,
considerando storie di vita vissuta e dimensione esistenziale delle donne e degli uomini che la
vivono, eventi e iniziative rivolte ai cittadini che possono avere quella sorta di “sindrome dello
specchio” per fare conoscere cosa significa essere e vivere da poveri, al fine di scacciare la paura e
realizzare interventi di prossimità e solidarietà umana e sociale che ne realizzino l’inclusione a tutti
gli effetti.
PORCA MISERIA è un tentativo per andare in quella direzione.
Una pagina teatrale di grande efficacia per costruire un futuro in cui la povertà sia finalmente
consegnata e confinata alla memoria della storia.
Utopia?
Forse sì, ma intanto, ci abbiamo provato e continueremo a provarci.

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