ottobre 2022

Questo mese abbiamo deciso di raccontarvi la storia di uno dei beneficiari del nostro progetto STARCI: Saeed Rahmani, un giovane di 29 anni, arrivato in Italia nel 2011.Grazie al percorso di avvio d’impresa il 14 ottobre ha potuto finalmente cominciare il suo progetto di lavoro autonomo.


Storie di lavoro grigio

Saeed Rahmani

raccolto da Celestina Cielo

Un po’ della mia storia…

Mi chiamo Saeed e sono nato il 2 marzo del ‘93 in Afghanistan, quindi ho 29 anni. Dal 2011 vivo in Italia. Avevo un anno quando la mia famiglia decise di lasciare l’Afghanistan a causa di una situazione molto difficile che si era creata a seguito della guerra civile. Ci trasferimmo tutti in Iran dove, quando avevo sette anni, incominciai a svolgere piccoli lavoretti, vendevo oggetti vari per aiutare la mia famiglia. A 13 anni sono andato via dall’Iran, da solo, cercando fortuna in Europa ed affidandomi ai trafficanti. Il viaggio è durato 2 anni attraverso la Grecia la Turchia, ma è troppo lungo e complicato da raccontare, oltre che doloroso. Ho raggiunto l’Inghilterra, dove sono rimasto due anni, poi la Svezia ma, siccome le mie impronte digitali erano state prese in Italia, sono stato respinto da entrambi i paesi e rispedito qui perchè il regolamento di Dublino stabilisce che lo Stato competente ad esaminare la domanda di protezione internazionale possa essere solamente lo Stato di primo approdo.

Dopo tanto viaggiare….. l’Italia

Quando sono arrivato a Torino, tramite l’ufficio stranieri ho incontrato Elena, che considero come una seconda mamma e che mi ha ospitato a casa sua fino al 2017. Elena per fortuna mi stimolava a studiare e In quegli anni ho frequentato tanti corsi di italiano e di cucina. E così è iniziata la mia odissea tra stage e contratti “semi regolari”. Ed è proprio questa odissea che voglio raccontare e di tutte le esperienze che di lavoro in cui non sono mai riuscito ad avere un lavoro completamente regolare.

Scuola…stage….scuola…stage…..scuola…ma il lavoro?

Alla fine di ogni corso professionale c’è uno stage: il primo che ho fatto è stato come lavapiatti in un ristorante a Venaria, dove svolgevo anche il ruolo di aiuto cuoco. Lavoravo dalle diciassette all’una, le due di notte e siccome a quell’ora non c’erano più autobus, spesso tornavo a casa a Torino a piedi. Lavoravo sei giorni su sette, lo stage era pagato 600 € al mese, al termine nessuna possibilità di contratto.

Mi sono iscritto allora ad un altro corso di ben 1000 ore. Questa volta lo stage lo faccio in una gastronomia. Per 6 mesi ho fatto il doppio turno: dalle 9 del mattino alle 15 e poi dalle 18 alle 24. A volte lavoravo anche fino all’una o alle due di notte…. sempre per 600 € mensili. Alla fine dello stage il proprietario mi propose di assumermi. Ero così contento, ma quando abbiamo parlato del contratto ho capito che mi avrebbe pagato in busta solamente 3 ore al giorno, ma in realtà avrei lavorato fino a 50 ore la settimana. La maggior parte delle ore lavorate sarebbero state in nero! Non ho accettato, anche su suggerimento di Elena e della docente del corso: entrambe sostenevano con forza che si trattava di puro sfruttamento e io ero d’accordo. Ho lasciato quel posto, ma non ho sporto la denuncia ai sindacati. Quando si vive in una situazione precaria come la mia la paura di esporsi è sempre tanta.

Veramente affranto sono nuovamente tornato a scuola di cucina. Per lo stage, il terzo, mi hanno mandato in un ristorante abbastanza conosciuto in centro. Siccome mi adattavo bene ed ero abbastanza bravo in cucina, a fine stage mi hanno proposto un contratto a tempo determinato. Ma anche qui pur lavorando full time in busta risultavano solamente la metà delle ore e null’altro. Ho accettato perché avevo davvero bisogno di lavorare e per un anno ho percepito 1000 € al mese, che con la qualifica di cuoco sono davvero pochi….. dopo tutti i corsi che avevo fatto ormai avevo acquisito una certa professionalità! Proseguii con quel lavoro per un po’ di anni arrivando a prendere circa 1200 € al mese per 8/10 ore al giorno, quasi tutti fuori busta.

Gli stessi datori di lavoro mi hanno poi mandato in un altro locale da loro gestito dove eravamo in due: il mio collega faceva il mattino ed io il pomeriggio. Per la maggior parte del tempo eravamo soli a gestire la cucina (aperitivo e cena) e lavare I piatti, fino all’una di notte. Inoltre due volte al mese andavo anche la domenica a lavorare allo stadio dove quel ristorante serviva da mangiare. In teoria avrei dovuto essere pagato extra, ma il datore di lavoro lo faceva solo ogni tanto.

Una nuova famiglia

Anche se in quegli anni lavoravo praticamente sempre, sono stato fortunato ed ho conosciuto Samira, una ragazza di origine marocchina. Dopo un paio di anni di fidanzamento ci siamo sposati e abbiamo avuto due figli: un bimbo di 2 anni Wissam ed una femmina di 4 anni Aseel. Elena, la mia seconda mamma, ci ha aiutati a trovare casa; in genere a Torino non si affitta volentieri agli stranieri e non è stato facile. Mia moglie non può ancora lavorare perché deve accudire i bambini che sono ancora piccoli. Quindi devo sostenere io tutta la famiglia.

Recentemente sono pure riuscito ad andare a trovare mia mamma ed una parte della famiglia, che sono riusciti ad andare a vivere in Finlandia grazie all’interessamento dell’Ambasciata di quel paese. Mio papà è rimasto in Iran ed è tantissimo che non lo vedo. Mamma però mi ha detto che non sta bene lassù, fa molto freddo e la vita è difficile.

ll lavoro regolare è un diritto….ma….

Con quel lavoro, a 10 ore al giorno, sottopagato e per metà in nero non vedevo quasi mai i miei figli e mi sentivo preso in giro e così ho deciso di licenziarmi.

Ho subito iniziato a cercare un altro lavoro che ho trovato in un ristorante di nuova apertura in zona Porta Nuova dove mi avevano promesso un contratto corretto, con orario dalle 15 alle 24. Anche lì ero sempre solo a gestire aperitivo e cena, primi e secondi, niente tredicesima o straordinario, ed anche in quel caso, indovinate un po’, percepivo 800 euro in busta + 400 in nero. Quando, secondo gli accordi, era arrivato il momento del passaggio a tempo indeterminato, è arrivata la pandemia con il lock down, e addio contratto.

Mi sono fatto forza e ho trovato nuovamente lavoro in una gastronomia. Niente di nuovo: lavoro dalle ore 13 alle 22 per 400 € in busta e il resto in nero. Il datore di lavoro era un pastore protestante, quando gli chiesi di regolarizzare tutte le ore che facevo, mi disse: se ti piace bene, altrimenti amici come prima. Questa volta avevo proprio voglia di sporgere denuncia, insomma da un religioso mi aspettavo un atteggiamento diverso, più umano.

Ci riprovo e trovo lavoro in una pizzeria in centro che mi promise 1200 € in busta: altra promessa non mantenuta, l’ennesima. Anzi, la paga diminuiva di mese in mese, anche se quando durante il Covid, lavoravamo con l’asporto e quindi il datore di lavoro i suoi ingressi li aveva comunque. Dopo questa esperienza ho finalmente deciso di cambiare strada

Lavorare in nero non è un problema “solo” di contributi

Vorrei chiedere la cittadinanza italiana ma per lo Stato, devo dimostrare di avere lavorato legalmente almeno 3 anni e percepire un reddito sufficiente per sostenere me stesso e la mia famiglia: 8.600 euro all’anno, più 100 euro per la moglie, e 600 euro per ogni figlio.

Avendo avuto in tutti questi anni di lavoro pochi soldi pagati in busta, e quindi riconosciuti ai fini della dichiarazione dei redditi, non posso dimostrare di aver lavorato legalmente il tempo sufficiente e di avere avuto un reddito sufficiente per ottenere la cittadinanza italiana. Quando ho presentato la domanda, pagando 600 € per le spese burocratiche, al CAF mi dissero che per poco non riuscivo a raggiungere il tetto necessario. Conclusione: ho studiato molto, ho fatto molta esperienza nei vari stages realizzati, ho lavorato tante ore al giorno in tutti questi anni ma, a causa di quei datori di lavoro poco onesti, tutto ciò non è risultato sufficiente. la mia domanda di cittadinanza è stata rifiutata e ho perso i 600€ della pratica.

E adesso?

Ora mi sono proprio stufato di essere sfruttato dai datori di lavoro e quindi ho deciso di intraprendere un’attività autonoma, aprendomi la partita IVA. Farò l’ambulante al mercato vendendo cellulari, cose elettriche. Metto tutto sulla piccola auto che sono riuscito ad acquistare recentemente, ho iniziato le pratiche burocratiche quattro mesi fa, ed ora ho il permesso…dovrei incominciare fra poche settimane.

I posti al mercato sono “affittati” da persone che, avendo posti fissi, li subaffittano ad altri per 400 euro al mese per 5 giorni la settimana. Ho trovato 5 posti! Spero che, con il lavoro autonomo, le cose vadano meglio, ed un giorno mi piacerebbe riuscire a riunire la mia famiglia di origine qui in Italia, insieme ai miei bimbi e mia moglie.