CAMPAGNA SOCIAL DI DIVULGAZIONE E SENSIBILIZZAZIONE
IL POTERE DELLE PAROLE
primo capitolo della campagna di divulgazione “rompiamo gli stereotipi”
“Sapevi che gli zingar* non esistono?”
Partiamo da una frase che può suonare come una provocazione, per introdurre il primo punto chiave di questa campagna.
“Zingar*” non sono persone, non sono un’etnia, non sono un popolo.
“Zingar*” é una parola, un termine connotato negativamente, dispregiativo e razzializzante, che porta con se una narrazione non veritiera.
Con questa etichetta, unificante, normalmente ci si riferisce ad individui che in realtà appartengono ad una varietà di gruppi e sottogruppi molto differenti per storia, tradizioni e usi. Come: i roma, i sinti, i kale, i manouches, i romanichals etc…
Il nome “zingar*” iniziò ad essere utilizzato verso la fine del Quattrocento per riferirsi a una popolazione nuova e fino ad allora sconosciuta che si stava diffondendo nei territori dell’attuale Europa. Ma ad oggi possiamo davvero continuare ad utilizzare un solo termine per indicare un insieme di persone così eterogeneo (al punto tale di essere definito dall’antropologo Leonardo Piasere “un mondo di mondi”) e che non si riconosce in esso? Per non parlare del peso storico, fatto di schiavitù, persecuzioni e discriminazioni che porta con sé.
Che termine utilizzare allora? Rom (che in romanès, significa “uomo”)
Rom è il nome ufficialmente scelto l’8 aprile del 1971 dal Primo congresso mondiale delle comunità romanès per identificare se stesse. Dove inoltre venne scelto l’inno nazionale (“Djelem Djelem”, composto nel 1969 da Zarko Jovanovic), la bandiera Romanì e si costituì la Romanì Union, prima organizzazione mondiale dei Rom riconosciuta poi dall’ONU nel 1979.
Primo spunto di riflessione: Il potere delle parole. L’uso di alcune parole contribuisce concretamente a creare barriere e a promuovere atteggiamenti discriminatori.
“Le parole sono importanti” (cit.) sta a noi farne un uso consapevole.
Ci fermiamo qui per il momento, perché nel corso di queste settimane vi terremo compagnia parlando di altri aspetti, smontando, rielaborando e “rompendo” altri stereotipi.
RAZZISMO Secondo capitolo della campagna di divulgazione “rompiamo gli stereotipi”
Antiziganismo questo sconosciuto. Il problema è riconoscerlo (in noi stessi)
COS’È L’ANTIZIGANISMO:
L’ECRI ( European Commission against Racism and Intolerance) ha dato questa definizione: “L’antiziganismo è una forma di razzismo particolarmente persistente, violenta, ricorrente e comune, si ricollega a un’ideologia fondata sulla superiorità razziale, è una forma di disumanizzazione e di razzismo istituzionale alimentato da una discriminazione storica, che si esprime, tra l’altro, con la violenza, il discorso di incitamento all’odio, lo sfruttamento, la stigmatizzazione e con le forme più manifeste di discriminazione”
La discriminazione perpetrata nei confronti dei rom è forse una delle forme maggiormente diffuse e meno riconosciute di razzismo del nostro secolo e non solo…
UN FENOMENO ANTICO:
I popoli rom hanno subito persecuzioni politiche, espulsioni, internamenti, pulizie etniche.
Il fenomeno più noto (ma di cui si parla comunque poco) è stato il genocidio “Samudaripen” dei sinti e rom durante la Seconda Guerra Mondiale, che ha rappresentato l’apice dell’antiziganismo. Si stima che oltre 500.000 persone furono sterminate nei campi di concentramento nazisti. Da molto tempo i sopravvissuti e gli attivisti romaní cercano di farsi sentire in un silenzio assordante.
Meno conosciute invece le pratiche di sterilizzazione forzata di donne Rom in Svezia, Danimarca ed Austria che hanno continuato a mietere vittime fino ai primi anni settanta, di sottrazione dei bambini Rom ai genitori in Svizzera proseguita fino a meta degli anni settanta o delle classi scolastiche differenziali, le cosiddette classi Lacio drom, attive ancora fino al 1982 in Italia. Per non parlare del vuoto nei libri di storia sul regime di tortura e schiavitù che hanno vissuto in Romania fino al 1864 e che non è migliorato neanche sotto la dittatura di Nicolae Ceausescu o sulla pulizia etnica subita nell’ultimo conflitto del Kosovo.
Questi sono solo alcuni esempi delle persecuzioni e delle segregazioni sistemiche che hanno subito nella storia recente le comunità romanes.
OGGI:
“I rom furono considerati dal nazismo e dal fascismo come portatori di due caratteri ereditari ineliminabili: l’istinto al nomadismo e l’asocialità.” (Luca Bravi, 2019)
Partendo da questa osservazione possiamo facilmente notare come le basi sul quale si costruiscono tuttoggi i preconcetti e gli stereotipi che alimentano l’antiziganismo non sono cambiate.
Un rapporto pubblicato da Amnesty International nel 2011 documenta che le violenze contro i rom sono una realtà quotidiana.
Ma queste violenze non si esprimono solamente in forma di aggressioni fisiche; i rom continuano a subire discriminazioni praticamente in ogni ambito della vita: dalla segregazione ed esclusione nell’alloggio, nel lavoro e nell’istruzione, alla retorica quotidiana anti-rom, spesso proveniente da personaggi pubblici, mass-media e propaganda politica, così come nella loro interazione con le forze dell’ordine e le istituzioni.
UN TRISTE PRIMATO:
Le ricerche ci dicono che il razzismo e l’intolleranza contro i Rom non si limitano alle frange più estremiste e intolleranti della società, ma si infiltrano trasversalmente tra la gente di ogni età, genere, condizione economica e sociale, dal Nord al Sud.
Pregiudizi razziali radicati in forme linguistiche, simboli, comportamenti e pratiche sociali considerati «normali» producono effetti discriminatori, violenze, ferite psicologiche e svantaggi senza essere necessariamente percepite dai membri della maggioranza culturale come problematiche o ingiuste. La persistenza e le manifestazioni del razzismo sono quindi un processo spesso inconscio per gli individui della maggioranza culturale.
Secondo diversi studi l’Italia è il Paese con i livelli di antiziganismo più alti in Europa. Le istituzioni europee hanno, a più riprese, accusato l’Italia di violare i diritti umani di queste popolazioni, oltre a non rispettare gli impegni presi dal nostro Paese in occasione della pubblicazione della Strategia Nazionale di Inclusione di Rom, Sinti e Caminanti nel febbraio del 2012.
Spunti di riflessione: Che faccia hanno “questi razzisti”? la nostra! L’antiziganismo è un fenomeno strutturale e radicato profondamente nella nostra società, prenderne consapevolezza e imparare a riconoscerlo nel quotidiano può costituire un primo passo verso lo sradicamento.
terzo capitolo della campagna di divulgazione “rompiamo gli stereotipi”
“Invasione rom”
PERCHÉ PARLIAMO DI STIME?
La difficoltà nel reperire dati precisi riguardo alle comunità rom è molto alta.
Questo si deve a diversi motivi: quello normativo in primo luogo dove la profilazione su base etnica è vietata in molti Paesi della UE (principio di non discriminazione), poi per la grande eterogeneità dei criteri adottati nelle indagini e il non coordinamento fra i diversi enti e istituti che rendono di difficile utilizzo e comparazione i dati raccolti ed infine per il difficile rapporto di queste comunità con le istituzioni e la paura di discriminazioni e stigmatizzazioni che possono scoraggiare dal partecipare a censimenti e ricerche.
MINORANZA:
Il riconoscimento della minoranza rom e della sua lingua attraverso la riapertura del capitolo della lgs482/1999, è una necessità evidente. Tale riconoscimento è paradossalmente assente se messo a confronto con la presenza di “minoranza rom” nelle disposizioni ministeriali sulla sicurezza.
Il mancato riconoscimento significa che i rom non godono di diritti collettivi riconosciuti, ma solo di diritti individuali. Tuttavia, la tutela delle minoranze è un principio cardine della Costituzione italiana, soprattutto riguardo alle minoranze linguistiche, come stabilito dall’art 6.
L’Italia riconosce e tutela dodici minoranze identificabili su una base territoriale specifica, di fatto questo esclude dal dettato normativo la minoranza rom in quanto “minoranza diffusa”, ossia priva di una concentrazione territoriale riconoscibile.
La promozione e la protezione dei diritti delle minoranze sono riconosciute come cruciali per la stabilità politica e sociale dagli organismi internazionali, come l’ONU.
Nonostante le sentenze delle Corti superiori nazionali ad oggi non sono stati compiuti passi concreti in questa direzione.
Spunti di riflessione: creare un progetto strutturato volto alla raccolta di dati consentirebbe una visione completa e accurata della situazione, fornendo una base solida per lo sviluppo di politiche e interventi di supporto mirati.
IMMAGINARI DANNOSI
quarto capitolo della campagna di divulgazione “rompiamo gli stereotipi”
Nomadi, carovane e campi rom
In Italia, la maggioranza dei rom vive in abitazioni convenzionali, mentre solo una piccola percentuale risiede nei campi (si stima il 7%). Contrariamente alla percezione comune, i campi rom non sono una romantica manifestazione di un popolo culturalmente nomade; secondo il Ministero dell’interno nel nostro paese le famiglie nomadi rappresentano solo il 2-3%.
La politica dei campi iniziò verso la metà del 900, ma la maggior parte di essi è sorto come risposta temporanea all’afflusso di rom giunti dai Balcani negl’anni ’80. Presto però si sono trasformati in vere e proprie “riserve etniche”. I campi rom, situati ai margini delle città, rappresentano ghetti sovraffollati e disumani, il risultato di politiche segreganti e discriminatorie perpetrate dalle amministrazioni locali. Questi spazi, spesso posti lontano dal tessuto urbano principale, non solo mancano di privacy e igiene, ma forzano insieme gruppi estranei, generando tensioni e conflitti. Gli sgomberi ciclici e la pratica dei campi segreganti contribuiscono a perpetuare immagini stereotipate e criminalizzanti rinforzando lo stigma sociale contro queste comunità.
L’Italia si distingue negativamente in Europa per essere la sola ad aver istituito un “sistema abitativo” ad hoc per la specifica etnia rom. Inoltre in molti hanno lucrato, traendo profitti dagli appalti multimilionari. Questa realtà drammatica è stata evidenziata da numerosi enti internazionali che hanno richiamato il nostro Governo all’urgenza di trovare risposte concrete per affrontare il rischio di apolidia e la discriminazione.
Spunto di riflessione: nonostante la maggioranza viva in abitazioni convenzionali, le politiche discriminatorie persistono, ostruendo l’accesso ai servizi necessari e alimentando pregiudizi e odio. Tuttavia, oltre alle decisioni istituzionali, cambiare la propria percezione nella vita di tutti i giorni potrebbe facilitare l’accesso ai servizi e favorire una maggiore inclusione per queste comunità.
PREGIUDIZI RADICATI
quinto capitolo della campagna di divulgazione “rompiamo gli stereotipi”
Fra gli stereotipi più diffusi troviamo quello che li dipinge come “ladri per natura”, incapaci di integrarsi perché non vogliono lavorare. Partendo dal fatto che: la criminalità non è una caratteristica intrinseca a nessuna comunità, men che meno ai Rom, né geneticamente (per chi ancora credesse alle tesi lombrosiane)né culturalmente, questo pregiudizio nasconde una realtà complessa e variegata.
Innanzitutto, è importante contestualizzare il fenomeno della criminalità. Sebbene esistano Rom che commettono reati (esattamente come in ogni altra comunità), non è corretto generalizzare. Come emerge all’interno di studi e ricerche la fragilità socio-economica e l’emarginazione sono due elementi chiave che contribuiscono a creare un terreno fertile per la devianza.
Inoltre, è fondamentale smantellare il luogo comune che associa i Rom all’inerzia lavorativa. Molti Rom sono impegnati in lavori tradizionali, che vanno dalle arti circensi alla lavorazione dei metalli, dal commercio ambulante alla vendita di oggetti artigianali.
Nel corso dell’ultimo secolo alcune di queste attività tradizionali sono scomparse. Ad oggi alcuni gruppi si sono maggiormente dedicati a lavori come la raccolta del ferro, lo sgombero cantine e l’edilizia, altri invece sono inseriti nel mercato del lavoro come tutto il resto della cittadinanza. Sembra inutile da specificare, ma purtroppo non lo è. Nello stesso modo infatti è importante sottolineare che molti svolgono le attività lavorative in modo regolare e nel rispetto delle normative.
Tuttavia, la precarietà e l’instabilità del lavoro possono rendere difficile mantenere una situazione lavorativa stabile nel lungo termine. Questo problema si accentua per gli appartenenti alla comunità Rom a causa della discriminazione e del pregiudizio che rendono ancora più difficile per loro accedere al mercato del lavoro. La mancanza di fiducia da parte dei datori di lavoro e la paura di essere discriminati possono portare alcuni Rom a nascondere la propria appartenenza per trovare lavoro.
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